Buongiorno Lettori!
Oggi giornata di recensione, in particolare il romanzo di cui andrò a parlare oggi è una uscita Mondadori, che ci teniamo a ringraziare per averci dato l’opportunità di iniziare una collaborazione.
Prima di addentrarci, come sempre vi lascio prima alla scheda del libro:

La famiglia Ahrens è protagonista di una stagione magnifica nella storia di Palermo: la “Palermo felicissima” del primo Novecento. Albert, il patriarca arrivato nel 1875 dalla Germania, diventa un entusiasta imprenditore di successo e sposa Johanna Benjamin, che sarà la madre dei suoi otto figli. Fra campagna e città fa costruire una superba villa sulla cui facciata spicca la scritta “LIK DÖR” (“La luce è là”), e sono anni di prosperità, di successo, di unità. Poi il terremoto di Messina e la Prima guerra mondiale portano via i due figli maschi, poi le leggi razziali restituiscono gli Ahrens alla loro identità ebraica. Lo sfacelo economico conduce a un declino che non impedisce a Marta, Vera, Berta e Margherita di portare innanzi la “luce” dei valori che hanno sempre ispirato la famiglia: coraggio, dignità, rigore, speranza.
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“Che gli uomini non si misurano con il metro come le stoffe era il suo manifesto, e passò il concetto ai suoi discendenti”
Albert (nato in Germania e di origini ebree) arriva a Palermo nel 1875. Dopo essere stato a Napoli dal cugino, titolare di un attività di vendita di tessuti, ha il compito di aprire una succursale nella città Sicula. Nel giro di qualche anno però riesce a mettersi in proprio e portare nella città le moderne stoffe, già di moda nel nord Europa. A Palermo vuole costruirsi un futuro e crescere lavorativamente. l’Italia, come dice la scrittrice, offrì ad Albert la possibilità di essere se stesso.
Nella seconda parte del romanzo seguiamo Albert e la sua famiglia nella maestosa villa costruita in ogni minimo dettaglio, sia dallo stesso Albert che dalla moglie Johanna.
Sulla facciata in alto si trova disegnato una grande aquila ad ali spiegate, che sul petto ha uno scudo con incisa la stella di David; sulle sei punte della stella la scritta : “LIK DOR” – La luce è là, e fra i denti stringe un ramo di ulivo.

Marta è l’unica figlia rimasta sempre con loro. A causa della sua sordità, data un problema di salute avuto da piccola, è lei ha vedere e vivere non solo la storia di questa bellissima villa ma anche del rapporto fra i suoi genitori.
Villa Ahrens era un isola di cultura tedesca. Erano tedeschi i libri, le cameriere e le tate. E si parlava solo tedesco.
Personalmente questo romanzo non mi ha entusiasmato come pensavo, questo dato dalle descrizioni troppo dettagliate, rendendomi la lettura snervante. La narrazione inoltre è complessa e si ha difficoltà a seguire il romanzo, anche a causa di termini troppo forbiti.
I dialoghi sono strutturati in maniera veloce. Si intuisce chi sta parlando ma questo non rende facile la comprensione del dialogo e crea confusione. Onestamente ho fatto molta fatica a comprendere esattamente chi stesse raccontando la storia di Albert e della sua famiglia, se la scrittrice stessa o se una delle figlie, Marta.
Purtroppo devo dire che non ho trovato grandi colpi di scena, è un racconto\bio abbastanza tranquillo.

Ciò che mi ha colpito maggiormente è l’intenso rapporto di amore e di rispetto tra Albert e la moglie Johanna.
Nonostante sia amante sia della narrativa che delle biografie storiche, onestamente non mi sento di consigliare questa lettura per i motivi elencati poco fa sopra.
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La villa oggi, dopo un restauro, è la sede palermitana della Dia.

Voi che ne pensate? Conoscete il romanzo? A voi è piaciuto? Fatemelo sapere 😃
Ely Aurora – Il Profumo Dei Libri
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