Buondì cari Readers del mio 💕
Con la recensione di oggi vorrei invogliarvi a leggere un bellissimo classico, di quelli che non possono proprio mancare nel repertorio di un lettore amante del genere, è infatti un libro che avevo sullo scaffale da diverso tempo, ultimamente ho subito ancora un po’ gli effetti del mio “blocco del lettore” da cui sto cercando di uscire con piccole letture, non per forza semplici, ma sicuramente brevi: ho deciso quindi di assecondare la mia voglia di classici e di letture brevi con: La lettera scarlatta di Nathaiel Hawthorne. Ma prima della recensione come sempre, vi lascerò di seguito alcune informazioni utili.

Titolo: La lettera scarlatta
Autore: Nathaniel Hawthorne
Editore: Feltrinelli 2014
Pagine: 291
Prezzo cartaceo Amazon: 8,07€
Trama: La giovane Ester Prynne, condannata per adulterio nella puritana Boston, sarà costretta a portare per sempre sul seno una fiammeggiante, scarlatta, lettera “A” (A come adulterio? Come Arte? Come America?), da lei stessa ricamata. Ester non ha mai voluto rivelare il nome del suo “complice” che infine lacerato tra ansia di schiettezza e orgoglio, e perseguitato dal marito della giovane – cederà, confessando la sua colpa. La lettera scarlatta, libro che rese celebre il nome di Nathaniel Hawthorne, è un esempio di fusione perfettamente riuscita tra sviluppo tematico-narrativo, delineazione dei personaggi e procedimenti linguistico-stilistici. Hawthorne fa di Ester un personaggio esemplare: mostrando, da un lato, una compartecipazione profonda, ma soffermandosi, dall’altro, in un pensoso e drammatico indugio di fronte alla sua “colpa”, pur condannando l’implacabilità puritana e la violenza moralistico-sociale di cui è vittima.
Si tratta di una lettura che ti permette di immergerti in un’epoca lontana, ambientata della Nuova Inghilterra, ricca di atmosfere cupe e sentimentali, e di conoscere la storia di una donna che ha amato un uomo, nonostante fosse sposata, e del marchio che le è stato imposto per ricordarle la sua colpa ogni giorno. Grazie ad una breve introduzione dell’autore, chiamata “La dogana”, nella quale vediamo il “ritrovamento casuale” di una serie di documenti riferiti ad una certa Ester Prynne, viene creato il presupposto per la narrazione di questa storia.
“A” come Adulterio? “A” come Arte? “A” come America?
Ho ammirato la forza della protagonista, Ester, e del modo in cui conduce la sua vita, insieme alla piccola Pearl, frutto dell’amore illegittimo con il prete della sua parrocchia – il giovane reverendo Dimmensdale – (che lei non ha mai denunciato). Conosciamo l’esistenza di questa donna, sola a causa dei frequenti viaggi del marito medico, senza amore perché il loro era un matrimonio combinato e lui molto più vecchio, che ha amato un uomo giovane, solo quanto lei e che per questa scelta viene condannata a portare sul petto una lettera rossa ricamata da lei stessa che ne evidenzia la colpa ogni giorno.

Credo che questo sia uno di quei libri che ti mostra quanto fosse dura la vita di una donna nelle epoche precedenti, sottomesse, spesso accusate di stregoneria per futili motivi, vittime del pregiudizio e dei dogmi imposti dalla chiesa. Le stesse donne, all’interno di questo libro, si vedono odiare Ester per il suo gesto, di cosa poi? Ribellione? Voglia di vivere? Sentirsi amata e felice almeno una volta nella vita? Tutte cose lecite al giorno d’oggi, più o meno mi sento di aggiungere, ma che a quel tempo ti mettevano in una condizione decisamente pericolosa, se venivi scoperta.
Nelle prime pagine della storia vediamo Ester sul patibolo, coperta di insulti e additata dalle donne della sua stessa comunità, e dagli uomini che la giudicano responsabile di un atto, ai loro occhi, terribile e che per molto tempo cercheranno di capire se essa può essere o meno una buona guida spirituale per la figlia Pearl.
In tutto questo Ester si trova da sola ad affrontare e sopportare la colpa, non confesserà mai il nome del suo amante, che da subito capiamo essere il reverendo – del quale possiamo ammirare la vigliaccheria – e che per anni non ha il coraggio di confessare.

Al tempo stesso Ester ha qualcosa che gli abitanti di Boston, nella Nuova Inghilterra del 1642, non possono ignorare: la bravura e la capacità di cucire bellissimi decori per abiti in pizzo, dono che sfrutta per vivere e per far crescere la figlia, e questa è una delle parti che più apprezzo del suo personaggio: non si arrende mai, nemmeno di fronte alla crudeltà dei suoi concittadini, che non hanno perso un secondo a isolarla.
E questa sua abilità mette in luce anche l’ipocrisia delle persone in torno a lei: le stesse persone che la ignorano o la additano come una donna di malafede non possono fare a meno di comprare a grande richiesta i suoi bellissimi pizzi e decori.
Insomma è una storia travagliata che merita di essere letta; dal punto di vista stilistico l’ho trovato scorrevole e molto piacevole (decisamente più leggibile rispetto ad altri classici che sono veramente dei mattoni). La consiglio davvero, anche perché il finale mi ha molto emozionata.
E voi avete letto questa storia? Cosa ne pensate? Sicuramente l’ho apprezzata molto avendola letta in età adulta, rispetto ad una possibile lettura in adolescenza imposta dalla scuola, e per questo ne sono davvero contenta perché ho avuto una bellissima esperienza di lettura.

Note sull’autore.
Nathaniel Hawthorne. (Salem, 4 luglio 1804 – Plymouth, 19 maggio 1864) è stato uno scrittore statunitense. Visse vicino alla cerchia intellettuale dei trascendentalisti come Henry David Thoreau e Ralph Waldo Emerson, nonostante con questi vi fosse una sottaciuta rivalità. Si cimentò nei generi letterari del romanzo e del racconto, cui deve il suo successo. È considerato, assieme ad Edgar Allan Poe, Herman Melville e Mark Twain, il più importante narratore statunitense dell’Ottocento. I suoi romanzi La lettera scarlatta e La casa dei sette abbaini, assieme a Moby Dick di Herman Melville, Walden di Henry David Thoreau e Foglie d’erba di Walt Whitman, sono ritenuti tra le opere più rappresentative del Rinascimento americano.
Valentina – Il Profumo dei Libri